sabato 14 agosto 2010

A 7 mesi si impara a lottare

7 mesi. Fratture multiple al cranio, alle dita, ad un femore e ad un omero, sette costole rotte, segni di morsi e bruciature sul corpo.
Non è la trama di un nuovo film dell'orrore, ma la condizione in cui è stato portato all'ospedale la sera dell'11 agosto un bimbo di Gioia del Colle, vicino a Bari.
La madre brasiliana di 28 anni l'ha ridotto così a seguito dell'ennesima discussione con il compagno.
Per vendetta.
Ovviamente nessuno sapeva nulla, nessuno si è accorto dei segni dei maltrattamenti che il bimbo subiva da circa 2 mesi e che sono poi degenerati causandogli ora "rilevantissimi danni neurologici".
Il piccolo, che ora si trova all'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, ha subito un delicato intervento neurochirurgico, prima del quale è riuscito a superare due collassi.

Lotta con le sue deboli forze, proporzionate ad un bimbo di 7 mesi.
Ma non è questo il compito di un bimbo: dovrebbe pensare a crescere, ad imparare, a scoprire il mondo, invece lotta per poter sperare di vederlo ancora.

Dove sono finiti quelli che avrebbero dovuto garantirgli protezione ed affetto?
La madre, che ha confessato, è ora reclusa nel carcere di Bari, mentre la polizia indaga per chiarire la posizione del padre trentacinquenne e dei nonni paterni: secondo le forze del'ordine non è possibile che fossero tutti estranei alla vicenda.
Intanto la Procura ha disposto la sospensione della patria potestà di entrambi i genitori ed affidato il bimbo alle cure degli assistenti sociali.

In questa giornata grigia e piovosa, anche il cielo ha deciso di reagire con sdegno alla notizia dell'ennesima brutalità estiva.
Mi risulta impossibile immaginare quale possa essere l'evento capace di scatenare nella mente di un genitore un tale desiderio di violenza. Continuo a chiedermi come sia possibile colpire così un bimbo indifeso e senza colpa, con la sola responsabilità di avere un mostro come madre.

Non mollare piccino, siamo tutti accanto a te a sperare che un giorno tu possa svegliarti e conoscere il mondo, ed a lottare al tuo fianco affinchè non succeda mai più un fatto così terribile.

mercoledì 11 agosto 2010

Amici di Dante

Da settimane ormai tento di liberarmi dal pensiero e dai residui della maturità, ma sembra che, almeno per un altro po’, non sia questo il mio destino.
Non si può certo dire che io non ci stia provando: sono in vacanza, faccio il bagno, mangio focaccia ligure tutti i giorni come se fosse la prima volta e finalmente ho ripreso ad uscire di casa anche dopo il tramonto.
Ma quando alle 9 del mattino in spiaggia apri il giornale e leggi la lettera di un professore cinquantaquattrenne come quella apparsa su “La Stampa” domenica 8 agosto, non puoi restare indifferente.

Il manoscritto del professor Vittorio Gennarini contiene una serie di lamentele in stile aulico burocratico sull’ignoranza degli studenti di un liceo della periferia napoletana a cui ha dovuto porre domande di letteratura italiana come commissario esterno di maturità.
Tal soggetto denuncia la totale mancanza di nozioni teoriche su Dante Alighieri ed a proposito del panorama storico-artistico in cui il poeta fiorentino si trovò ad operare.

Mi fermo a riflettere e scopro che, nonostante questo lungo mese di astinenza forzata dai libri, ricordo ancora la sua data e luogo di nascita, le vicende politiche che causarono l’esilio, l’identità degli amici citati nella Divina Commedia e l’indimenticabile epistola a Cangrande Della Scala. Manca solo il numero d scarpe, ma con un po’ di sforzo potrei ricordare anche quello (e sono sicura che anche i miei - ormai ex - compagni qualcosa saprebbero dire).

Ecco quindi il dubbio: è possibile che nessuno dei ragazzi provenienti da una delle regioni a più alta presenza di cento e lode del 2010 sapesse qualcosa su Dante?
Così recitano le recenti statistiche: la Calabria, la Puglia e le restanti regioni del Sud hanno il più alto rapporto studenti della regione/cento e lode (2,1% in Calabria).

E noi, che siamo parte dello 0,9% piemontese, sappiamo addirittura chi sia Dante Alighieri.
Roba da pazzi.