venerdì 23 luglio 2010

Il futuro davanti agli occhi: chiamarsi Berlusconi conviene

La maturità è finalmente alle spalle, gli impegni non sono più così pressanti ed ovunque si respira aria di estate.
Così, tra un sito ed un canale televisivo, non rimane altro da fare che farsi coraggio e prendere una decisione, stabilendo quale delle diverse facoltà sarà quella della nostra vita.

Un pomeriggio come un altro, navigando su facebook, leggo:
"Barbara Berlusconi si laurea: don Verzè le offre la cattedra e umilia i laureati italiani".
All'inizio mi pare scontato considerare la notizia come una barzelletta, poi decido di informarmi e leggere qualcosa in più.
Così clicco su un link, la pagina bianca mi fa attendere un istante e subito mi dirotta verso la notizia desiderata.

Ieri, 22 luglio 2010, Barbara Berlusconi si è laureata con 110 e lode all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano con una tesi su "Il concetto di benessere libertà e giustizia nel pensiero di Amartya Sen".
Fin qui tutto bene.
Proseguo, scorro l'articolo fino al punto critico.
Pare che, alla fine della cerimonia di proclamazione, il rettore Don Verzè abbia domandato alla neo-laureata Berlosconina cosa ne pensasse della possibilità di creare una nuova facoltà di Economia del San Raffaele basata sul pensiero di Sen e se, nel caso, le sarebbe piaciuto diventarne docente.

Io, che mi ritengo abbastanza intelligente, ho scelto di prendere tutto ciò come uno scherzo. Un fraintendimento, si tratta certamente di questo.
In questo periodo sento e leggo talmente tanti commenti sul futuro universitario dei miei coetanei, che ho scelto di rifiutarmi di considerare seria quella richiesta.
Perchè noi, che dal liceo o dagli istituti tecnici siamo usciti con l'acqua alla gola dopo 5 anni, non meritiamo una presa in giro di queste dimensioni, specialmente in questo periodo.
Noi che l'università ce la siamo sudata e in cui abbiamo riposto le nostre speranze, non vogliamo credere che bastino un nome o un'amicizia a stabilire chi può fare strada e chi no.
La scelta che dobbiamo fare è già abbastanza vincolata alla possibilità d sbocchi lavorativi, di avere in futuro la possibilità di mantenersi, di non dover lasciare l'Italia per continuare gli studi, per poter sopportare anche questa.


Non che sia una novità il fatto che l'Università, al pari di tutte le altre organizzazioni più o meno statali, si basi più spesso sulle conoscenze che sulla meritocrazia: una mossa del genere sarebbe però fin troppo sfrontata.
Ciò che fa riflettere sono però le due lettere scritte da una docente dell'università che casualmente non era stata invitata alla cerimonia: nella prima Roberta de Monticelli afferma
"Insegno filosofia della persona alla facoltà di Filosofia dell’Università Vita Salute San Raffaele. Scrivo queste righe per dire: non in mio nome. Non è certamente in mio nome che il nostro rettore, don Luigi Verzé, intervenendo come è suo diritto alla cerimonia delle proclamazioni delle lauree, si è rivolto alla sola candidata Barbara Berlusconi, che giungeva a conclusione del suo percorso triennale, chiedendole se riteneva che potesse nascere una facoltà di Economia del San Raffaele basata sul pensiero dell’autore sul quale verteva la sua tesi (Amartya Sen), e invitandola a diventare docente di questa Università, in presenza del presidente del Consiglio, il quale assisteva alla cerimonia";
nella seconda ci tiene a precisare che la sua reazione non ha l'obiettivo di criticare il livello di preparazione della candidata o il metro di giudizio della commissione, bensì di dissociarsi dalle parole del Rettore che, a parer suo, minano "la fedeltà ai principi di etica proclamati dallo stesso fondatore e Rettore e condivisi con tutti i colleghi, e primo fra questi il principio di libertà che è il cuore e l’anima dell’insegnamento della filosofia".

In fondo però, con questo caldo, è sconveniente che ci preoccupiamo: mal che vada ci faremo adottare tutti quanti dal Papy e magari qualcuno ci troverà un lavoro dopo l'università, giusto o sbagliato che sia.
Mi sorge solo una domanda, pressochè spontanea, dal profondo del cuore: a cosa diavolo sono serviti tutti i sacrifici fatti in questi 13 anni di scuola?